domenica 24 febbraio 2013

Doveva essere un domani colorato di rosa, non di rosso





(25 Novembre 2012 - Milano - Colonne di San Lorenzo - 100 paia di scarpe rosse, a ricordare donne scappate, fuggite....uccise)
fonte: http://d.repubblica.it/argomenti/2012/11/19/foto/scarpe_violenza_donne-1375684/1/



Sono dal parrucchiere e succede raramente. Naturalmente, c’è da aspettare e lì c’è la pila dei giornali. Ci sono patinate copertine che parlano di personaggi famosi e veline in bikini al sole dei Caraibi. Non me ne potrebbe importare di meno dei pettegolezzi su personaggi "importanti"; sfoglio un giornale un po’ vecchio e mi colpisce una pagina con tante, tante foto tipo segnaletiche. E’ un giornale di novembre, e, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne ci fanno, tanto per gradire, una panoramica sui più efferati delitti. Che angoscia, volti di donne giovani, occhi sorridenti, riprese forse prima dell’inferno. Sì perché l’inferno è qui, in questa, purtroppo, "ordinaria" follia quotidiana.

Chiudo il giornale, ma i pensieri volano. L’immaginazione prende il sopravvento, penso all’inizio di una storia qualunque, all’amore, che doveva il sogno della vita. Penso alle urla, agli scatti d’ira che probabilmente hanno accompagnato l’inizio della follia. Magari ci sono bambini, forse piccoli… Immagino una donna che reagisce, all’inizio, e una lite che degenera, uno schiaffo, il primo, un dolore dell’anima prima che fisico. Occhi attoniti e magari lacrime di pentimento dall’altra parte, forse il domani sarà illuminato da fiori rossi e vellutati.

La vita continua come sempre, ma c’è un tarlo, che pensa e ripensa a come sia stato possibile che una stupida litigata sia finita così. Va beh pazienza… Altra lite stupida, altre urla, questa volta partono più schiaffi, questa volta non si scusa, non piange…anzi nei giorni seguenti è arrabbiatissimo. Lei vorrebbe dire qualcosa, ma si ferma, sia mai che dia i numeri un’altra volta.

E l’altra volta arriva, di nuovo, ancora, accompagnata dalle parole "te lo sei meritata"… Ora, ora monta la rabbia, lo sconforto, ora bisogna pensar,e riflettere, cosa devo fare? Ora si torna a casa malvolentieri, ora inizia la paura, a tratti ti prende ed è strisciante, non molla si insinua in te, in ogni frammento del tuo essere. Sfogarsi con qualcuno? No, che vergogna e poi chi crederebbe mai. I lividi passano la paura no, le scenate si ripetono, gli schiaffi sono un’abitudine ormai… Un pomeriggio con l’amica di sempre, lacrime tante lacrime, alla fine ci si sente un po’ meglio, sfogarsi fa bene. L’amica incredula, accoglie, lenisce, cura, conforta, non ha parole, ma vedrai passerà… Potresti denunciarlo, forse, ma "io lo amo"... L’amica tace e pensa a quel bravo ragazzo tanto educato, da non crederci… La vita, se si chiama ancora vita, prosegue, l’inferno è qui, è nell’attesa del rientro, è nella cura spasmodica della casa, della cena, del pranzo, ormai basta niente, si passano ore davanti a uno specchio, a coprire i segni. C’è voglia di fuga, lontano, ma dove vado? Con che soldi, mi trova… L’amica che ascolta, magari anche più d’una, non sa che fare, fa fatica a immaginarsi una realtà tanto complessa e tanto cattiva, ma magari non è vero…ma non è che era una collutazione e gli è scappato un pugno? Perché l’animo umano è così, è difesa, è crearti alibi per le cose troppo grandi, anche la migliore delle persone tende a difendersi, perché non ci si può pensare. Qualcuno no, ma quanti? Quanti di noi? Io, io come sarei, al di là dei proclami? Io, se avessi un’amica, una parente in questo stato che farei? Ah io… parlerei, denuncerei, bastonerei…ma non so… perché è difficile, è difficile anche solo ascoltare un’anima così ferita, senza dire stupidaggini. Mi fermo qui, la maggior parte delle volte sappiamo come finisce, purtroppo, ma la domanda è: "noi, come amici, come parenti cosa avremmo fatto?" o meglio "avremmo avuto il coraggio di intervenire, di agire in nome e per conto?" Non lo so, per quanto mi riguarda non lo so, non per mancanza di amicizia, né di cuore, né di paure di coinvolgimento. Non mi è mai capitato, ma non lo so…

Pensiamoci…

Un articolo di giornale, tanti volti, pensieri scritti in un post, in un blog mio, una pagina, un attimo di cuore libero, senza pretesa di cultura, anzi con tanta ignoranza dichiarata.

Con l’immancabile ricetta alla fine, dolce dolce, come un pensiero e una carezza che si vorrebbe dare, un abbraccio…


Flauti alla marmellata di pesche 

(ricetta non mia!)
da qui
con qualche piccola modifica


Ingredienti:


400 g farina
100 g farina di riso
100 g di acqua (io ho messo 150, ma era troppa)
150 g latte
15 g lievito di birra
150 g zucchero
70 g burro
1 cucchiaino
1 uovo + 1 tuorlo
1/2 cucchiaino di sale
la buccia grattugiata di un limone
marmellata di pesche



Inserite nella planetaria le due farine precedentemente miscelate, la buccia grattugiata del limone e il lievito. Inserite l’acqua e il latte appena tiepidi, ma poco alla volta. Tenete conto che mancano ancora uova, zucchero e burro. Aggiungete il miele e iniziate ad impastare con la frusta a K sempre a bassa velocità. Appena si sarà tutto ben amalgamato inserite le uova e lo zucchero. A questo punto potete rendervi conto se è il caso di aggiungere tutti i liquidi o meno. Fate incordare.
Continuate a lavorare portando la velocità lentamente a 1, e lavorate l’impasto fino a che si stacca bene dalla ciotola, a questo punto iniziate ad inserire il burro a piccoli pezzi, e aspettate che il burro già messo venga assorbito bene prima di inserirne ancora. Continuate così fino a finire tutto il burro. Quando l’impasto non si attacca più alla planetaria cambiate la frusta e mettete il gancio. Dopo una decina di minuti io ho incordato a mano (mi diverte molto di più!).
Formate a palla e mettete in una ciotola chiusa con pellicola, mettetela nel forno con luce accesa e fate lievitare fino al raddoppio, due ore circa.
Riprendete l’impasto mettete nel piano infarinato e lavoratelo un pochino.
Dividete in 18 pezzi di circa 65/70 grammi. Io ho fatto a occhio, ho steso l'impasto e con un coltello ho tagliato dei rettangoli. Incidete un lato corto del rettangolo in quattro linguette. Al centro di ogni rettangolo mettete un cucchiaino di marmellata e arrotolate il flauto su se stesso fino ai tagli. Prendete le striscioline e sistematele una a una, distanziate sul flauto.
Appoggiate su una teglia ricoperta di carta forno, ben distanziati. Coprite con pellicola e rimettete in forno con luce accesa fino al raddoppio, altre due ore. Quando saranno pronti spennellateli con uovo mescolato a latte e infornate a 180° per 15 minuti circa, fino a che saranno belli dorati. Sfornate e, se ci riuscite, aspettate che si raffreddino completamente prima di assaggiarli!





La ricetta di Alessandra è un po' più elaborata, ma, anche se ho saltato un paio di passaggi, son venuti bene lo stesso. In ogni caso, vi rimando a lei!



lunedì 18 febbraio 2013

La dieta ... con i marotozzi!




Sì l’ho fatto
sono stata seria, anzi serissima.
Ho scelto la dieta che mi sembrava più rapida,
ho chiesto una mano al figliolo perché spazzasse tutto quello che c’era per casa (non è stato difficile J),
ho fatto scorte di cibi permessi e solo di quelli,
ho fatto passare feste e compleanni,
non ho tergiversato… aspettando il classico lunedì della settimana dopo…
e mi sono messa a dieta.
Un incubo vedere tutte le mattine la propria bacheca di facebook inondata di ricette…
Un incubo mangiare solo quelle tre cose…
Ho rinunciato a mangiare con i colleghi, portandomi la schiscetta da casa…
Non ho cucinato niente, ma niente per tot settimane, a parte kit di sopravvivenza per figli.
Ho ammirato incondizionatamente chi riesce a conciliare dieta, blog e famiglia,
cucinando senza assaggiare per mesi e mesi (brava Francy!!!!)…
Sono riuscita a mangiare, in una settimana, 2500 gr dicesi 2500, di yogurt magro, anche senza frutta…
Ho anche perso 3 kili e mezzo, che riprenderò in un nano secondo.
Adesso basta!
Non ho una gran forza di volontà o forse non ho troppi kili da perdere, ma mi son stufata
Che ho pure l’influenza e quella si combatte a tavola, dice la mia mamma.
Ci pensiamo quest’estate…
Quindi cosa c’è di meglio che un maritozzo con la panna????
Pure di Montarsino, con il quale, come sapete, ho un “feeling particolare”, ma mi hanno regalato il libro quindi…
Mi tocca…Maritozzo sì, ma mini…




Maritozzi piccolini


375 gr di farina forte (io manitoba)
60 gr di latte
10 gr di lievito di birra
130 gr di uova (3 meno un po' per essere precisi)
130 gr di burro
55 gr di zucchero
1 cucchiaino di miele
1 cucchiaio di rum
scorza di limone

250 gr di panna montata per farcire
zucchero a velo per decorare



Sciogliere il lievito nel latte, unire nella ciotola della planetaria la farina, le uova, lo zucchero, il miele, il rum e la buccia di limone. Impastare a velocità ridotta, per circa 10 minuti. Unire il burro a temperatura ambiente poco alla volta, facendolo incorporare all'impasto prima di aggiungerne. A questo punto unire un pizzico di sale e impastare fino all'incordatura. Lasciare lievitare fino al raddoppio (io due ore in forno con la lucina accesa). Impastare brevemente per rompere la lievitazione e mettere a riposare in frigo per tre ore (io tutta la notte). Passato il tempo, stendere la pasta con un mattarello ad un'altezza di circa 1 cm, ritagliare i maritozzi con un coppapasta e metterli sulla piastra del forno a lievitare ancora per un'oretta. Spennellare con latte e infornate a 180° fino a che saranno ben coloriti. Far raffreddare, farcire con panna montata e cospargere di zucchero a velo.

mercoledì 13 febbraio 2013

Red Velvet Cake gluten-free, dedicata a donne coraggiose!






Ci sono donne coraggiose, tante. Coraggiose come i colpi che la vita gli infligge, più è grosso il colpo più reagiscono... Sembra che non ce la facciano e invece combattono, strenuamente, tutti i giorni. Le ammiro, dalla mia fragilità. Imparo, ogni tanto metto a segno qualche colpo anch'io e mi inorgoglisco. Sto parlando di donne alle quali la vita ha inflitto colpi irreparabili o di donne che combattono contro le malattie, dalle più gravi o anche a quelle semplicemente invalidanti.
Ah sì sono malata non posso fare questo a quello? E io ti frego! Non sono così pazza da pensare che non esista in ognuna di loro un periodo di metabolizzazione e di sofferenza, sono coraggiose, non sovraumane. Reagiscono, se ne tirano fuori, anzi la prendono come una nuova sfida, una sfida dalla quale imparare e trasmettere ad altri il loro sapere.
Stefania è una di queste e non lo dico perchè leggerà questo post. Lo dico perchè lo penso. Ho un'amica celiaca, che vedo solo d'estate; dopo un paio di anni di sofferenza si è rassegnata, la capisco. Stefania no, combatte, ok sono celiaca e io cucino Gluten-Free, anzi aspetta, provo e riprovo e  metto a disposizione quello che ho imparato, così un'altra celiaca può cucinare senza fare la fatica che ha fatto lei. Questo è combattere, questo è vincere!
Rispetto, per una malattia tanto invalidante quanto poco, ancora poco, conosciuta. Solo rispetto e ammirazione e non quello che succede spesso, discriminazione.
Si può, si deve! Si pulisce tutto, ma proprio tutto, forno stoviglie, teglie, piatti, posate, in modo che non rischino la contaminazione da glutine. Sì, la contaminazione, fa malissimo anche quella. Si comprano i cucchiai di legno per cucinare nuovi, si usano solo per le cose Gluten-free. Si sta attenti a tutto, al sale, allo zucchero a tutto quello che è spiegato per filo e per segno qui e si cucina solo cose senza glutine come spiegato qui.
Si va al super e si cercano le cose giuste, quelle con la spiga sbarrata, e poi si cucina e si invita a cena un amico celiaco. Questo dobbiamo imparare a fare, se non abbiamo la malattia in casa.

Se non fosse stato per Stefania, vincitrice dopo "n" edizioni, dell'MTchallenge io non avrei mai cucinato una Red Velvet Cake. Non amo la cucina di oltre oceano e più di tutto non amo i loro dolci. Troppo burrosi, con queste creme burrose, troppo pesanti, troppo tutto. Di sicuro sono pregiudizi, non la conosco abbastanza per parlare con cognizione di causa, ma la penso così. Però la Red Velvet Gluten Free andava fatta, assolutamente, e così è stato. Ed è pure buona, molto buona!
La mia manualità non è granchè anzi, ma devo dire che in ques'occasione sono stata quasi brava!
Passo alla ricetta.
La base è di Stefania e ve la riporto integralmente:

Red Velvet Cake (gluten-free)





"160 gr di farina di riso sottilissima tipo amido (Le Farine Magiche Lo Conte, Pedon, Rebecchi)
60 gr di fecola (Cleca, Pedon, La Dolciaria, Sma & Auchan)
30 gr di farina di tapioca (che potete sostituire con Maizena)
1/2 cucchiaino da tè di sale
8 gr cacao amaro (Venchi, Easyglut, Pedon, Olandese
110 gr burro non salato a temperatura ambiente
300 gr di zucchero
3 uova medie (io uso quelle bio codice 0, ma non è rilevante ai fini della celiachia)
1 cucchiaino da caffè di estratto vaniglia bourbon (o i semi di una bacca, ma non usate la vanillina)
240 ml di buttermilk (ma se non lo trovate, fate inacidire per 20 minuti la stessa quantità di latte con 3 gocce di limone)
1 cucchiaio di colorante rosso (Rebecchi e Loconte) io Un cucchiaino Wilton in gel
1 cucchiaio di aceto bianco
1 cucchiaino da tè di bicarbonato di sodio
Pre-riscaldate il forno a 175°C.
In un recipiente mescolate le farine, il sale, il cacao. In un altro recipiente, sbattete il burro per 2-3 minuti, finché sarà soffice e poi aggiungete lo zucchero e sbattete per altri 3 minuti.
Aggiungete le uova, una alla volta, sbattendo 30 secondi dopo ogni aggiunta.
Mescolate il colorante al buttermilk e quindi versate poco per volta al composto di burro, alternando le polveri al buttermilk. Possibilmente iniziate e finite con la farina. Aggiungete anche la vaniglia e mescolate.
In una tazzina (capiente) mescolate il bicarbonato all’aceto bianco, facendo attenzione a versarlo subito nell'impasto (altrimenti ve lo troverete per tutta la cucina) e incorporatelo bene con una spatola.
Imburrate due teglie da 18/20 cm e spolverizzate con farina di riso. Fate cuocere per 40/45 minuti, o finché non vedete che è cotto (con il trucchetto dello stuzzicadenti!)
Lasciate raffreddare la torta dentro la teglia (potete usarne anche una in silicone, ma è meglio usare la carta forno per evitare contaminazioni) per 10 minuti. Poi toglietela dalla teglia e lasciatela raffreddare, quindi fasciatela nella pellicola trasparente. Fatela riposare in frigo per diverse ore (io l'ho lasciata tutta la notte). In questa maniera sarà più facile da tagliare senza che si sbricioli e sarà più semplice mettere la farcitura. Non spaventatevi se vi sembra troppo dura, perché a temperatura ambiente tornerà morbidissima".




Crema Caffè e Cioccolato Bianco

200 gr latte
200 gr panna
4 tazzine di caffè forte
100 gr cioccolato bianco (venchi)
4 cucchiai di maizena
4 fogli di colla di pesce (Lo Conte)

Mettere a mollo la colla di pesce in acqua fredda. Stemperare il latte freddo con la maizena, aggiungere la panna e il caffè. Portare a bollore, togliere dal fuoco e aggiungere il cioccolato bianco a pezzi. Amalgamare bene. Quando è completamente sciolto, aggiungere i fogli di colla di pesce ben strizzati. far raffreddare con pellicola a contatto.



Montaggio della torta


300 gr di panna
1 cucchiaino di zucchero

Tagliare le basi in due in senso orizzontale. (io ne ho usate solo 3)
Foderare di pellicola un cerchio per torte di 20 cm di diametro. Appoggiarlo su un piatto di portata e inserire il primo "disco" di torta. Versare sopra metà della crema e mettere in frigo per almeno 2 ore. Passato il tempo sovrapporre un secondo disco di torta. Versare il resto della crema e rimettere in frigo per un'ora. Appoggiate sopra, quando ancora la crema non è del tutto rappresa, il terzo disco e lasciare riposare in frigo altre due ore. Montare la panna con un cucchiaino di zucchero e decorare la torta.



Con questa ricetta partecipo all'MTChallenge di febbraio





lunedì 4 febbraio 2013

Ode al Pane!




Avete mai fatto il pane fatto in casa? Sì? Vi piace?
Se c'è una cosa che mi piace fare è questa. Partire dalla semplice farina e creare qualcosa di buono nutriente e sano.
Impastare il pane mi emoziona, mi rilassa, mi vengono in mente scene di altre donne, in ogni parte della terra che compiono gli stessi gesti, sempre uguali, ma ogni volta con un pensiero diverso... Donne che impastano con forza e con tanto amore. Donne che mettono nel loro pane le tradizione più disparate...
Al giorno d'oggi dove tutto è frenetico e veloce, fermarsi a impastare è una coccola per chi amiamo, è memoria di un cibo antico adattata al mondo ultratecnologico di oggi.
Il simbolo della vita, l'essenza della cucina, l'impasto per eccellenza... Se qualcuno ha detto che cucinare è un gesto d'amore...fare il pane, per me, è il gesto d'amore per eccellenza. Tante volte, mentre sto impastando, volano i pensieri, volano verso le persone che amo e mi ritrovo a meditare impastando. Beh direte che son melensa, può essere che sia vero, però devo dire che è sempre una bella esperienza!
Bando alle ciance, ho copiato da  Silvia  una stella tra i fornelli il  pane per toast con metodo cinese. Ho fatto qualche piccola modifica per adattarlo alle uvette ed ecco qui un buonissimo pane dolce alle uvette. Spettacolare, dolce e coccoloso!


Pane con le uvette

Ingredienti:

500 g di farina  manitoba
200 ml di latte
150 g di water roux
1 cucchiaio di olio
3 cucchiai di zucchero
4 g di lievito di birra
200 gr di uvetta

Per il water roux: (le proporzioni sono 1 parte di acqua e 5 di farina)
30 g di farina
150 g di acqua.






Preparate il water roux: in un pentolino mettiamo la farina e piano, piano unite l'acqua fredda, mescolando per sciogliere tutto senza formare grumi. Mettete il tutto sul fuoco moderato e sempre mescolando, portate a 65°C. In mancanza di termometro cuocete finché il liquido non si rapprende, formando una crema morbida. (il termometro  NON è necessario! Appena il composto è cremoso e traslucido, è pronto.). Lasciatela  intiepidire ed è subito pronta da utilizzare. (Prelevarne 150 g per l'impasto, se avrete fatto tutto a dovere la dose è giusta giusta).
Mettete a mollo l'uvetta in ciotola con acqua calda. Sciogliete il lievito nel latte appena tiepido. Setacciate la farina unite lo zucchero e mescolate bene. Aggiungete l'olio, il latte con lievito e il water roux. Impastate bene, per una decina di minuti. L'impasto resta morbido, ma non appiccicoso. Ponetelo nel forno spento in una ciotola con un po' di farina per un'ora. Dopo un ora sarà raddoppiato. Strizzate bene le uvette e impastatele con il pane. Dategli la forma che preferite, io ho fatto una treccia e un po' di filoncini e rimettetelo a lievitare sulla placca ricoperta di carta forno. Fate rilievitare almeno un ora (se son due non succede niente, anzi meglio!). Infornate a 220° per 15-20 minuti o 5 minuti di più se la forma è grande. E' davvero golosissimo e facile da fare! Grazie Silvia per la base!